Sacra Famiglia
donazione Giacomo Pozzi, 1936
La corretta attribuzione del dipinto a Manetti si deve a Roberto Longhi, in una comunicazione ad Antonio Corbara che nel 1951 la riporta nelle schede per la Soprintendenza.
Nella tela la luce ha un ruolo chiave, rivelando le figure, definendone i volumi e dando consistenza alle stoffe.
L’anziano San Giuseppe e la Vergine contemplano il Bambino assopito, punto focale del dipinto su cui si concentrano i loro teneri sguardi. Ma vi è anche, nella posa della Madre con il figlio in grembo, una chiara allusione all’iconografia della Pietà, e il sonno di Gesù richiama quello della morte che lo attende. La composizione, chiara ed equilibrata, con i personaggi dall’aspetto rustico e popolaresco quasi scolpiti dalla fonte luminosa, corrisponde allo stile di Manetti negli ultimi anni Venti del Seicento. È proprio l’utilizzo della luce, simile a quello della pala con Sant’Antonio Abate che libera un’indemoniata (Siena, Basilica di San Domenico) datata 1628, a indicare una cronologia affine anche per la tela della Pinacoteca di Faenza (Bagnoli 1978).