Matrimonio mistico di Santa Caterina con Sant’Agostino (?) San Giovanni Battista bambino e San Giovanni Evangelista
Galatea, Santa Sofia, Ospedale della Misericordia
Il dipinto, commissionato a Ridolfo del Ghirlandaio nel 1519, arriva due anni dopo all’Ospedale della Misericordia di Santa Sofia a Galatea, nella Romagna toscana, dal 1511 legato a Santa Maria Nuova, in quei tempi l’ospedale più importante di Firenze, gestito dal vescovo Leonardo Buonafè (?-1545). Questi, oltre ad essere un potente direttore, si distinse per il suo dichiarato amore per le opere d’arte. Il suo gusto, diretto a perpetuare la grande tradizione fiorentina, si manifesta chiaramente nelle diverse commissioni che egli fece per le istituzioni dipendenti da Santa Maria Nuova.
La volontà strategica di Leonardo Buonafè per l’unità e coesione delle sue scelte artistiche si rivela in modo particolare attraverso la fedeltà a Ridolfo del Ghirlandaio e alla sua bottega, che in un arco di tempo di trentacinque anni eseguono per lo spedalingo numerosi dipinti, nove dei quali giunti fino a noi.
La sequenza si apre nel 1509 con la Madonna col Bambino tra i Santi Pietro, Lucia, Apollonia e Gerolamo, destinato all’altar maggiore di San Pietro a Marcignana (oggi nel Museo Diocesano di San Miniato al Tedesco). Segue, nel 1512-1514, la prestigiosa commissione per San Pier Scheraggio, la chiesa fiorentina adiacente a Palazzo Vecchio (l’opera agli inizi del XIX secolo è stata trasferita a San Martino alla Scala a Firenze).
Tra il 1512 e il 1518, la bottega di Ridolfo realizza non meno di tre pale d’altare per San Pietro a Pitiana (due di esse sono ancora in situ: l’Annunciazione e la Madonna col Bambino tra San Giovanni Gualberto e Sant’Agostino); una Madonna col Bambino tra i Santi Michele, Pietro, Paolo e Maria Maddalena, già sull’altar maggiore della chiesa, poi passato nella collezione di Henry Bathurst III e oggi a Eastnor Castle, Inghilterra). I documenti pubblicati da David Franklin (1993, doc. XII-XVII) hanno permesso di stabilire che anche l’Ospedale della Misericordia di Santa Sofia a Galatea aveva beneficiato del patronato di Leonardo Buonafè. Lisa Venturini (1994-1995) ha per prima proposto di collegare i referti archivistici al dipinto della Pinacoteca di Faenza, per il quale già nel 1989 Federico Zeri aveva avanzato la proposta attributiva alla bottega di Ridolfo, e in particolare a Toto della Nunziata (comunicazione orale, archivio della Pinacoteca).
Le pale d’altare successivamente ordinate dal Buonafè sono la Madonna col Bambino tra i Santi Pietro e Paolo per la chiesa di San Pietro a Massa dei Sabbioni, e due realizzate tra il 1531 e il 1544 per edifici fiorentini: l’Incontro alla Porta Aurea per l’Oratorio della Santissima Concezione dei Preti (ora in collezione Galli Tassi) e quella raffigurante la Madonna col Bambino in gloria tra i Santi Giacomo, Francesco, Caterina e Lorenzo, per la chiesa dei Santi Jacopo e Lorenzo (ora al Museo del Cenacolo di Andrea del Sarto).
Tutte queste opere mostrano ancora un certo numero di arcaismi : ad esempio, le dorature nelle tavole di San Pietro a Marcignana e per San Pier Scheraggio, che i documenti attestano corredata di predella. L’ancoraggio alla tradizione quattrocentesca, che si nota particolarmente nel ricorso al modulo compositivo della sacra conversazione e in particolare a quello stabilito da Domenico Ghirlandaio per le pale di San Giusto e di San Marco (Florence, Gallerie degli Uffizi), è temperato da una apertura verso i modelli contemporanei di Raffaello, e in particolare dall’evocazione della Madonna del Baldacchino (Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Palatina) : l’unica pala d’altare realizzata dall’Urbinate durante il suo soggiorno fiorentino, che esercitò una duratura influenza sull’opera dell’amico Ridolfo. La rimessa in gioco, da parte di quest’ultimo, dei modelli dipinti dal padre Domenico nel secolo precedente, attualizzati e filtrati dallo studio di Raffaello, si avverte nella Vergine in gloria per San Martino alla Scala che ricorda la grande pala del Ghirlandaio padre per Santa Maria Novella (Monaco, Alte Pinakothek) aggiornata sulla Madonna di Foligno del Sanzio (Pinacoteca Vaticana).
Questo gusto volontariamente tradizionalista continua negli anni Venti del Cinquecento, al momento dell’esecuzione del Matrimonio mistico di Santa Caterina della Pinacoteca di Faenza : un prodotto caratteristico della bottega di Ridolfo in questo periodo, assai prossimo, in effetti alla Pietà in Sant’Agostino de Colle Val d’Elsa (1518-1521). Ridolfo corregge la vena narrativa di questi soggetti in favore di una messinscena statica, in cui la portata devozionale prevale. Viene esaltata la contemplazione dello spettacolo della divinità, soprattutto attraverso le figure dei santi che altrimenti, nella tradizione iconografica, non avrebbero alcun motivo di assistere all’episodio centrale della vita di Santa Caterina o della Deposizione di Cristo. Per la Pietà di Colle Val d’Elsa, il contratto stabiliva addirittura che Ridolfo dovesse rispettare la tradizione familiare riprendendo il modello della Visitazione dipinta da suo padre Domenico per la chiesa di Cestello a Firenze (oggi a Parigi, Louvre) : dunque l’artista, nella sua piena maturità, si trova ancora immerso in un clima che celebra e perpetua la gloria dei Ghirlandaio. Tutto questo si traduce in una perfezione esecutiva ma soprattutto in una astrazione psicologica, dal momento che i personaggi dipinti non si scambiano alcuno sguardo, mentre le figure che comunicano con i fedeli (San Giovanni Battista a Colle Val d’Elsa, San Giovanni Evangelista a Faenza) li invitano con severità allo studio e alla preghiera. Nella sua composizione serrata e chiusa, da cui è escluso ogni dramma, la scena del dipinto di Faenza diventa una meditazione silenziosa, erede lontana delle composizioni del Perugino e della sua scuola.
La pala di Faenza è dunque un’opera che corrisponde completamente al « gusto Buonafè », forgiata su altri esempi tipici di Ridolfo del Ghirlandaio. Si comprende allora come la scioccante Madonna col Bambino tra i Santi Giovanni Battista e Romualdo di Rosso Fiorentino (Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Palatina), inizialmente commissionata per la chiesa di Santo Stefano a Firenze, abbia potuto suscitare il furore dello spedalingo : Buonafè, scontento, rifiutò l’opera, che si affermerà come una delle più vivaci risposte al classicismo fiorentino, che in quegli anni era rappresentato al meglio dal tono raffaellesco di Ridolfo. Non meraviglia che proprio quest’ultimo sia stato il candidato alternativo per dipingere di nuovo la pala (oggi perduta). Tutte queste opere della bottega di Ridolfo del Ghirlandaio per lo spedalingo riflettevano e rappresentavano la sottile strategia comunicativa del committente Buonafè : ovvero contenere e normalizzare l’arte nelle chiese dipendenti da Santa Maria Nuova e il suo desiderio assoluto di imporre uno stile e una decorazione uniforme.
ARGNANI 1881
F. Argnani, La Pinacoteca Comunale di Faenza, Conti, Faenza 1881
CASADEI 1991
S. Casadei, Pinacoteca di Faenza, Calderini, Bologna 1991
FRANKLIN 1998
D. Franklin, Towards a new chronology for Ridolfo Ghirlandaio and Michele Tosini, in “The Burlington Magazine”, 140, 1998, pp. 445-455
GIANESELLI 2012
M. Gianeselli, Dans le sillage de Domenico Ghirlandaio (1449-1494). Peintres et commanditaires à Florence (1480-1530), Tesi di dottorato, Amiens, université Picardie-Jules Verne, 2012
VENTURINI 1994-1995
L. Venturini, Il Maestro del 1506: la tarda attività di Bastiano Mainardi, in “Studi di storia dell’arte”, 5-6, 1994-1995, pp. 123-183
VENTURINI 2002
L. Venturini, I Ghirlandaio e l’Ospedale di Santa Maria Nuova, in Il patrimonio artistico dell’Ospedale Santa Maria Nuova di Firenze, a cura di Cristina De Benedictis, Firenze 2002, pp. 142-151
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