Cinque anni dopo l’installazione del gruppo scultoreo in Pinacoteca, l’allora direttore Federico Argnani, ricordava, al di sotto delle tre statue, la presenza di un’iscrizione, ora non più visibile, con l’anno 1524. Non disponiamo di altri documenti che comprovino la datazione precisa dell’opera. Essa non viene ricordata con esattezza dalle fonti antiche anche se possibili, per quanto imprecisi, riferimenti al gruppo si possono leggere nelle Vite di Vasari e nella Bologna Perlustrata di Antonio Masini del 1560. È perduta l’antica colorazione delle superfici e la disposizione originaria delle tre figure non è sicura. Ma la lavorazione delle stesse, lasciate scabre nelle parti non in vista, suggerisce una collocazione ideata per pochi punti di vista frontali e il posizionamento ad un’altezza di uno o due metri sopra il piano di calpestio dell’oratorio. La Madonna veste un abito signorile, di foggia cinquecentesca, con ampie balze sulle spalle, che si restringono negli avambracci, offrendo brani di naturalismo come il bordo della manica destra, sgualcito come una vera stoffa. Nella posa del Bambino, Lombardi reinterpreta liberamente modelli raffaelleschi, tra cui la Sacra famiglia con la palma e la Madonna del divino amore (Giannotti 2020).
A Bologna esegue nel 1525 i santi del Voltone del Podestà, che Vera Fortunati Pietrantonio (1981) collegava ai santi che Girolamo da Treviso (Treviso, 1498 – Boulogne, 1544) aveva dipinto ai piedi della Madonna della perduta pala dell’ospedale di San Biagio. Un profondo senso pittorico della monumentalità si avverte anche raffrontando la Madonna, al centro del gruppo di Faenza, con quella di un dipinto di Girolamo da Treviso oggi a Cesena (Calogero 2020) e, nell’ambito della plastica in terracotta, con la Madonna di piazza plasmata da Antonio Begarelli (Modena, 1499 – 1565) nel 1523 e oggi al Museo Civico di Modena.
Il manto del San Giovanni Evangelista di Faenza, trattenuto assieme al libro, si gonfia, ricadendo sulle gambe “in vasti campi, mossi e solcati, luminosamente distesi, come il miglior Girolamo da Treviso” (Massimo Ferretti, in Calogero 2023): un espediente che dilata quasi a dismisura la sua sagoma. I profili del panneggio del San Giovanni Evangelista faentino trovano ancora un confronto in quelli dell’anziano consigliere del rilievo in marmo con la Prova di Mosè, scolpito da Lombardi per il portale sinistro della basilica di San Petronio, dove anche le carni paffute del piccolo profeta sono le stesse del Gesù bambino faentino. Nel gruppo della Pinacoteca di Faenza si notano rapporti con le opere della cappella Zen in San Marco a Venezia (1504-1506) di Antonio Lombardo (1458 c. – 1516 c.), scultore di cui Alfonso prese il posto alla morte nel ruolo di primo piano nei cantieri estensi; egli dovette altresì avere accesso ad esempi scultorei differenti dell’area veneta e oltre: lo sviluppo spaziale della Madonna col bambino è infatti simile a quello della Madonna del Parto (1516- 1521) di Jacopo Sansovino in Sant’Agostino a Roma (Calogero 2023).
L’avvitamento del San Giovanni Evangelista e la resa tridimensionale dei volumi della Madonna permettono di immaginare le statue poste al di sotto di un’architettura ariosa o uno spazio architettonico unificato che mettesse in dialogo fra loro i personaggi. Il più valido corrispondente in pittura di questo complesso scultoreo è l’affresco della Commenda di Faenza, dipinto da Girolamo da Treviso per Sabba da Castiglione, progettato nel 1529 e terminato nel 1533. Alfonso Lombardi probabilmente non aveva concorrenti nell’area faentina nella realizzazione di sculture monumentali d’altare, assenti nel corpus dello scultore locale Pietro Barilotto. Le opere di Lombardi per Faenza e il suo territorio sono, oltre alla Madonna e Santi della Pinacoteca, il San Rocco nell’omonimo oratorio faentino, i gruppi monumentali della Crocifissione e della Visitazione per Castel Bolognese (oggi entrambe nella chiesa arcipretale di San Petronio), il mezzobusto raffigurante San Girolamo in argilla e terracotta rinvenuto recentemente a Bagnara di Romagna (Ravenna) e in vendita sul mercato antiquario (presso la galleria d’arte Ossimoro a Spilamberto, Modena). I legami di queste opere in area romagnola con quelle di altri importanti centri emiliani vanno ricercati nell’ambito della vivace circolazione degli artisti tra ordini monastici e confraternite (Calogero 2023).