Crocifissione e Ascensione di San Giovanni Evangelista

Crocifissione e Ascensione di San Giovanni Evangelista
opera di
Maestro di Faenza
data opera
1280 ca.
tecnica
tempera su tavola
dimensioni
35 x 28 cm
provenienza opera

lascito dell’Ospedale Civile, Faenza, 1884

descrizione breve

Il Maestro di Faenza venne così nominato da Edward Garrison (1949) in virtù proprio di questa piccola tavoletta dalla Pinacoteca. Essa rappresenta in due registri sovrapposti la Crocifissione con san Pietro in quello superiore, e l’Ascensione di san Giovanni Evangelista in quello inferiore, episodio quest’ultimo che deriva dal testo apocrifo degli Atti di Giovanni e che è stato spesso scambiato dalla critica per una Discesa al Limbo. La scena, infatti, rappresenta il momento in cui san Giovanni Evangelista prega Cristo affinché lo accolga in Cielo, dopo aver chiesto a due uomini di scavargli una fossa in cui si è fatto calare.

Le attribuzioni che riguardano quest’artista sono per la maggior parte generiche, sempre concentrate sulla provenienza emiliano-romagnola dell’artista, operante alla fine del Duecento, e sulla vicinanza del suo stile alla miniatura bolognese.

collocazione
n° inventario
98

Il pittore venne battezzato per la prima volta col nome di “Faenza Master” da Garrison nel 1949 per via proprio di questa a tavoletta della Pinacoteca Comunale, con scene dipinte in due registri sovrapposti, divisi da una cornice rossa che sembra essere sorretta da piccole mensole scorciate. I personaggi dalla scena superiore la calpestano creando un effetto di profondità e un accenno di realismo spaziale. Nella Crocifissione, dipinta sopra, Cristo sulla croce è circondato dalle tre Marie, San Giovanni Evangelista e San Pietro. Quest’ultimo santo, inserito fuori contesto, potrebbe fare riferimento al committente della tavola.

L’Ascensione di San Giovanni Evangelista nel registro sottostante è stata sempre interpretata dagli studiosi come una Discesa al Limbo 1 . Questa scena, dove invece Giovanni Evangelista è riconoscibile anche perché raffigurato con gli stessi abiti che lo caratterizzano nella Crocifissione sovrastante, rappresenta una delle storie apocrife apparse per la prima volta negli Atti di Giovanni (Acta Ioannis), fonte diffusa già a partire dal II secolo 2 . Nell’episodio si narra che San Giovanni Evangelista chiese a degli uomini di scavargli una fossa profonda, e quando essi ebbero finito, entrò nella tomba e alzando le braccia al cielo pregò Cristo di accogliere la sua anima. Giovanni così ascese al cielo insieme al suo corpo, nello stupore dei presenti. I due personaggi alle spalle di Cristo, un’aggiunta rispetto al testo, potrebbero raffigurare i santi che accolgono Giovanni in Paradiso o riferirsi a qualche variante medievale degli Atti.

La critica, già a partire dai primi tentativi di attribuzione di Van Marle (1923), che vedeva nell’opera elementi gotici, aveva continuato con definizioni sempre molto generiche sulla personalità dell’artista. Il pittore è stato collocato quasi sempre alla fine del XIII secolo e ritenuto romagnolo (Servolini 1944; Archi 1957), emiliano-romagnolo (Tambini 1982), o bolognese (Garrison 1949) e ne sono stati notati i marcati rapporti con la miniatura bolognese (Servolini 1944; Tambini 1982; Giorgi 2004; Lollini 2023, p. 55).

Luciano Cuppini per primo ha riunito l’opera faentina con tre tavolette della Pinacoteca Nazionale di Bologna: la Spoliazione di Cristo (trafugata nel 1963), la Deposizione dalla Croce e il Compianto sul Cristo morto 3 . Le tre tavole, accumunate dall’identica decorazione dei nimbi e dalle stesse misure 4 , verrebbero così a comporre un unico paliotto a sei scomparti con la tavola di Faenza al centro, escludendo dal gruppo la Natività (inv.310, Pinacoteca Nazionale di Bologna) che viene restituita al Maestro di Forlì. Giovanni Valagussa (2002) rifiuta invece questa ipotesi (lo seguono Giorgi 2004; Lollini 2023, p. 55), sottolineando che la tavoletta faentina – in cui l’artista pare aggiornato all’esperienza del tardo Giunta Pisano – risulta eseguita in una fase stilistica più matura rispetto agli scomparti bolognesi 5 e dunque dovrebbe essere datata intorno agli anni Ottanta del Duecento (Valagussa 2002; Lollini 2023, p. 55; Tambini 2006, p. 83).

Anna Tambini (2006) ha supposto, senza trovare conferme, che la tavoletta provenga dalla vecchia Chiesa agostiniana di San Giovanni Evangelista a Faenza, costruita tra il 1266 e il 1290. In epoca imprecisata è stata decurtata di alcuni centimetri nei margini superiore e inferiore, un dettaglio che si può notare soprattutto negli angeli dolenti della Crocifissione.

ARCHI 1957
A. Archi, La Pinacoteca di Faenza, Faenza 1957, p. 19

CASADEI 1991
S. Casadei, Pinacoteca di Faenza, Bologna 1991, p. 28

CORBARA 1951
A. Corbara, Scheda per la Soprintendenza alla Galleria di Bologna, 1951

CUPPINI 1951-1952
L. Cuppini, Aggiunte al Maestro di Forlì e di Faenza, in “Rivista d’Arte”, 1951-1952, pp. 15-22

GARRISON 1949
E. B. Garrison, Italian Romanesque Panel Painting. An illustrated index, Firenze 1949, p. 17, 114, 236, n. 294, 664

GIORGI 2004
S. Giorgi, in Pinacoteca Nazionale di Bologna, I, Dal Duecento a Francesco Francia, a cura di J. Bertini, G. P. Cammarota, D. Scaglietti Kelescian , Bologna 2004, pp. 48-51, scheda 5a-d

LOLLINI 2023
F. Lollini, Ai tempi di Umiltà (circa 1230-1320) in Il Polittico della Beata Umiltà di Pietro Lorenzetti, l’arte di raccontare una santa, a cura di R.Bartoli, D.Parenti, Livorno 2023, pp. 55

SERVOLINI 1944
L. Servolini, La pittura gotica romagnola, Forlì 1944, pp. 11-12

TAMBINI 1982
A. Tambini, Pittura dall’Alto Medioevo al Tardogotico nel territorio di Faenza e Forlì, Faenza 1982, pp. 45-48

TAMBINI 2006
A. Tambini, Storia delle arti figurative a Faenza, I, Le origini, Faenza 2006, pp. 74-88

VALAGUSSA 1995
G. Valagussa, in Il Trecento Riminese, Maestri e botteghe tra Romagna e Marche, catalogo della mostra (Rimini, Museo della Città, 20 agosto 1995-7 gennaio 1996), a cura di D.Benati, Milano 1995, pp. 146-151, scheda n. 2

VALAGUSSA 2002
G. Valagussa, in Il Trecento adriatico, Paolo Veneziano e la pittura tra Oriente e Occidente, catalogo della mostra (Rimini, Castel Sismondo, 19 agosto-29 dicembre 2002), a cura di F. Flores d’Arcais, G. Gentili, Milano 2002, p. 120, scheda n. 9

VAN MARLE 1923
R. Van Marle, The development of the Italian Schools of Painting, I, From the 6th until the end of the 13th century, The Hague 1923, p. 360

Le immagini sono di proprietà della Pinacoteca Comunale di Faenza. Per l'utilizzo delle immagini, scrivere a infopinacoteca@romagnafaentina.it.

scheda opera redatta da
Piero Offidani
  1. Van Marle 1923, I, p. 360; Servolini 1944, p. 12; Garrison 1949, p. 114; Archi 1957, p. 19; Casadei 1991, p. 29; Valagussa 1995, p. 146: fino a Valagussa 2002, p. 120[]
  2. J.Hamburger, St.John the Divine, Berkeley, 2002, p. 273, n.133; G.Kaftal, Iconography of the Saints in Tuscan painting, Firenze, 1952, p. 570[]
  3. inv.310; attribuite allo stesso maestro per la prima volta da Garrison 1949, p. 236, n.664[]
  4. Cuppini 1951-1952; ipotesi confermata da Tambini 1982; Tambini 2006, p. 85[]
  5. la vicinanza stilistica a Giunta è stata sottolineata anche da Corbara 1951; Tambini 1982, p. 48; Valagussa 1995, p. 146; Giorgi 2004[]