Cristo morto sostenuto da tre angeli

Cristo morto sostenuto da tre angeli

Artista veneto

opera di
Artista veneto (?)
data opera
seconda metà del XV secolo
tecnica
cartapesta dipinta su supporto ligneo
dimensioni
84 x 68 cm
provenienza opera

1937: Fermo, antiquario Ernesto Monti, acquistato dal museo

descrizione breve

La rappresentazione di Cristo morto, il cui corpo inerte viene trattenuto faticosamente sull’orlo del sepolcro da angeli addolorati, ha lontane origini bizantine risalenti al XIII secolo. I materiali con cui è realizzata l’opera a rilievo qui esposta presuppongono l’utilizzo di un calco, a partire dal quale potevano essere successivamente aggiunte delle varianti. È stato ipotizzato che un modello perduto, creato da Donatello, abbia ispirato questa ed altre versioni della composizione, dipinte e a rilievo, provenienti dall’area veneta e dalle coste dell’Adriatico. L’immagine possiede una grande forza suggestiva che coinvolge e commuove il fedele e testimonia l’ampia circolazione che questa dovette godere, anche nell’ambito della devozione privata.

n° inventario
204

Questa rappresentazione di Cristo morto, il cui corpo inerte reca i segni delle sofferenze subite durante il supplizio ed è trattenuto faticosamente sull’orlo del sepolcro da angeli addolorati, non raffigura un episodio dei Vangeli, ma ha lontane origini bizantine risalenti al XIII secolo. Grazie ai contatti tra Venezia e Costantinopoli, questo genere di Imago Pietatis, si estese in area veneta e lungo le coste dell’Adriatico. La tecnica del rilievo faentino, realizzato in cartapesta su supporto ligneo, presuppone l’utilizzo di un calco, a partire dal quale potevano essere successivamente introdotte le varianti, visibili confrontando l’opera con altri esemplari esistenti. Alcuni di questi rilievi hanno una composizione identica al nostro e sono realizzati anch’essi in cartapesta dipinta (uno conservato alla Galleria Nazionale di Parma, ed un altro nella sagrestia della chiesa di San Lorenzo a Moletolo), oppure in pietra (Museo di Arte Sacra di San Gimignano). Altri, come l’esemplare in terracotta un tempo al Kaiser-Friedrich-Museum di Berlino, oggi perduto, e quello in cartapesta all’University Art Museum di Princeton 1 , recano la variante della presenza di due soli angeli ai lati del Cristo. Si è ipotizzato che un modello perduto, creato da Donatello, abbia ispirato queste versioni e quelle dipinte in area veneta 2 . Il grande maestro fiorentino aveva dato una potente interpretazione dell’Imago Pietatis in un rilievo in marmo attribuitogli 3 e, durante il suo soggiorno a Padova, nel rilievo bronzeo inserito nel gradino dell’altare del Santo, nella Basilica di Sant’Antonio. Il modello donatelliano poteva essere stato riprodotto nella sua bottega dagli allievi, Giovanni Minelli e Bartolomeo Bellano. Il nome di quest’ultimo, collaboratore di Donatello a Firenze e a Padova, è stato, in passato, accostato all’opera di Faenza 4 . Tuttavia, le varianti e le differenti dimensioni tra gli innumerevoli esemplari fanno supporre l’esistenza di più modelli e matrici circolanti tra le botteghe di area veneta, rendendo difficile proporre una precisa attribuzione e datazione del rilievo faentino, anche per l’assenza di documenti (Petrucci 2001 e Bories 2020).

Le lacrime dorate che solcano il viso degli angeli bambini, il contrasto tra la dolcezza, tutta fiorentina, dei lineamenti del volto di Cristo e l’aggetto verso lo spettatore con cui la figura è modellata, accentuano il pathos della scena. La resa copiosa del sangue, ottenuto per mezzo dello spessore a rilievo e la stesura di colore rosso, esaspera i caratteri drammatici che l’esposizione del corpo di Gesù doveva suscitare nei fedeli. L’opera si accomuna alla produzione di Vesperbilder (ovvero la rappresentazione, di origine tedesca, della Madonna con il Cristo morto in grembo) e alle Imagines Pietatis in stucco, legno o pietra arenaria, largamente diffuse in area veneta durante l’epoca rinascimentale. Il sangue versato da Cristo è richiamato anche dalla simulazione del porfido a rivestimento del sepolcro su cui si eleva il corpo, immaginato come un altare. Significativa, in tal senso, è la collocazione di questo tipo di manufatti all’interno delle chiese in Veneto e nelle zone lungo le sponde dell’Adriatico, ove si trovano posizionati sull’altare di fronte all’officiante che celebra il sacrificio eucaristico (Bories 2020). Il rilievo è racchiuso in una cornice composta da un semplice basamento e dall’architrave, sorretta da due paraste con capitelli corinzi e con basi formate da capitelli capovolti. La struttura, decorata a motivi vegetali, e il drappo che funge da fondale del rilievo, sono uniformemente dorati e rimandano a opere di oreficeria (Pistocchi 2010), ambito artistico nel quale è altrettanto consueto l’utilizzo di modelli replicabili.

BORIES 2020
R. Bories, in Il Corpo e l’Anima, da Donatello a Michelangelo. Scultura italiana del Rinascimento, catalogo della mostra (Milano, Castello Sforzesco, 21 luglio-24 ottobre 2021) a cura di M. Bormand, B. Paolozzi Strozzi, F. Tasso, Rimini 2020, pp. 240-241 scheda n.65. CON BIBLIOGRAFIA PRECEDENTE

CASADEI 1991
S. Casadei, Pinacoteca di Faenza, Bologna 1991, p. 40 n. 75

DE MARCHI 1996
A. G. De Marchi, Centralità di Padova: alcuni esempi di interferenza tra scultura e pittura nell’area adriatica alla metà del Quattrocento, in Quattrocento Adriatico. Fifteenth-century art of the Adriatic Rim, atti del convegno (Firenze, Villa Spelman, The John Hopkins University, 16-17 giugno 1994), a cura di C. Dempsey, Bologna 1996, p. 73

PETRUCCI 2001
F. Petrucci, in Il potere le arti la guerra. Lo splendore dei Malatesta, catalogo della mostra (Rimini, Castel Sismondo, 3 marzo – 15 giugno 2001) a cura di Angela Donati, Milano 2001, pp. 372-373 scheda n. 164

PISTOCCHI 2010
M. A. Pistocchi, in La forma del Rinascimento: Donatello, Andrea Bregno, Michelangelo e la scultura a Roma nel Quattrocento, catalogo della mostra a cura di C. Crescentini, C. Strinati (Roma, Palazzo Venezia, 16 giugno-5 settembre 2010), Soveria Mannelli (CZ) 2010, scheda a pp. 228-229

Le immagini sono di proprietà della Pinacoteca Comunale di Faenza. Per l'utilizzo delle immagini, scrivere a infopinacoteca@romagnafaentina.it.

scheda opera redatta da
Alice Festi
  1. n. inv. y1962-75[]
  2. De Marchi 1996, pp. 73-76[]
  3. Londra, Victoria and Albert Museum, V&A: 7577-1861[]
  4. si veda Casadei 1991, p. 40, fino a Pistocchi 2010[]