L’astrologo meridiano
Donazione Bianchedi Bettoli / Vallunga
Dalla raccolta di Madam Pomaret, promotrice della Galerie de la Renaissance, proviene anche l’Astrologue meridien, opera datata 1929 e realizzata nell’ anno più prolifico della produzione parigina dell’artista. Il catalogo generale di Savinio, pubblicato da Pia Vivarelli nel 1996, censisce 66 opere del 1929 in un totale di poco superiore alla cento opere nel periodo parigino durato dal 1927 al 1930.
Queste opere sono considerabili, come ha scritto Pia Vivarelli, un lavoro ciclico, un insieme, «non solo, banalmente, per il ripetersi di temi e titoli, ma proprio perché ogni tela è pensata come un brano di un ininterrotto racconto, che si snoda di tela in tela». Gli oggetti delle opere, siano essi immagini dell’infanzia, figure classiche o elementi della natura, «sono presentati in una situazione teatrale, come ‘rappresentazioni’ in atto su un palcoscenico, cui alludono esplicitamente i pavimenti e le piattaforme di legno, poi, nei dipinti degli anni successivi, fondali, quinte e tende svolazzanti come sipari».
Anche nell’Astrologue meridien troviamo la rappresentazione teatrale con la finestra, in questo caso sulla destra, che apre la vista verso il paesaggio rappresentato dal cielo azzurro con sorprendenti figure geometriche fluorescenti. Al centro la figura dell’astrologo, un gigante bianco dalla testa minuscola e ovoidale, cioè la figura del Titano più volte ripresa nell’opera di Savinio. Il corpo non ha la classica compiutezza della forma e, pur partendo dal modello scultoreo cinquecentesco, è stravolto e si allunga con visione deformata che sembra quasi derivare da una visione fotografica a ridotta distanza con obiettivo grandangolare. Il bianco del corpo può infatti richiamare allo stesso tempo sia una scultura michelangiolesca che una riproduzione fotografica.
Qui, per l’unica volta nella pittura di questi anni troviamo contemporaneamente le animazioni geometriche dei cieli, caratterizzate da colori molto luminosi, quasi fluorescenti e l’invenzione delle ruote dentate tridimensionali. Entrambe queste nuove iconografie possono essere viste come incredibili anticipazioni della pop art e del mondo contemporaneo della grafica ma è anche possibile rintracciarne qualche ascendenza nell’ambito scenografico della produzione teatrale futurista degli anni Venti. I motivi geometrici che ricoprono cieli e stanze nelle opere di Savinio, trovano altresì riferimenti in temi e immagini rielaborate da pittori dell’ambito cubista. La pittura di Savinio del periodo è dunque ben inserita nell’articolata situazione parigina degli anni Venti, anche se – come per tutti gli “italiani a Parigi” di quegli anni – si può notare una ripresa di elementi del linguaggio metafisico, come ad esempio nell’uomo a piccola testa ovoidale e nella rappresentazione scenografica, mescolati a specifici riferimenti del mondo antico.
Questo testo è parte della scheda di Claudio Casadio per il catalogo della Collezione Bianchedi-Bettoli/Vallunga pubblicato da Bononia University Press nella collana Cataloghi dell’Istituto per i Beni Artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna.
Fonte: PatER-Catalogo regionale del patrimonio culturale | https://bbcc.regione.emilia-romagna.it/pater/loadcard.do?id_card=156361