Maestro dei Crocifissi Francescani
L’artista venne battezzato per la prima volta con questo nome da Osvald Sirén 1 . Per l’attività svolta prevalentemente nelle chiese francescane, a partire dalla basilica di San Francesco ad Assisi, Miklós Boskovits ne riunì il corpus con quelli del “Maestro del Crocifisso di Santa Maria del Borgo” e del “Maestro dei crocifissi blu” 2 . Il pittore mostra la forte influenza di Giunta Pisano, del quale forse conobbe la grande croce commissionatagli per la basilica assisiate nel 1236 dal generale dell’ordine francescano Elia, oggi purtroppo perduta (Medica 2019, p. 36). Si pensa che proprio la croce di Giunta contribuisca alla diffusione in Italia, attorno alla metà del Duecento, dell’iconografia del Christus patiens, il Cristo sofferente, con gli occhi chiusi, che prevale sopra il Christus triumphans, che trionfa sulla morte 3 .
La formazione del Maestro dei Crocifissi Francescani parte dunque dal cantiere assisiate come manifestano i suoi primi due crocifissi processionali opistografi (ovvero dipinti su entrambi i lati) conservati presso il Museo del Tesoro di Assisi (inv.3) e presso il Wallraf-Richartz Museum di Colonia (inv.873) (Tartuferi 2015a, p. 152). La svolta per lo stile del pittore, che inizialmente segue i propri esordi umbri, avviene col suo trasferimento in area umbro-romagnola attorno al settimo e ottavo decennio del Duecento, quando il pittore inizia a fare riferimenti ad altre due croci giuntesche, quella di San Ranierino (Museo Nazionale di San Matteo, Pisa, inv.2325) e quella dalla Basilica di San Domenico a Bologna. A questa fase più matura si ricollegano tre croci bolognesi provenienti dalla chiesa di san Francesco 4 e la croce di Faenza. Quest’ultima fu riferita al Maestro per la prima volta da Sandberg Vavalà (1929, p. 841-844). Già Ennio Lunghi 5 propose di identificare l’anonimo artista con Guido di Pietro da Gubbio, documentato a Bologna nel periodo 1268-1271, ma Zappasodi ha rifiutato questa ipotesi per mancanza di una solida argomentazione (E. Zappasodi, La croce dipinta…op. cit., p. 97, n.28). L’ultima ipotesi sull’artista fu proposta da Lollini che propose di vedere il Maestro dei Crocifissi francescani come un’entità collettiva, cioè non considerarlo come un singolo individuo ma come una bottega di artisti. (Lollini 2023, p. 53)
- O. Sirén, Toskanische Maler im xiii. Jahrhundert, Berlin 1922, p. 223[↩]
- Sul “Maestro di Crocifissi francescani”, in Duecento. Forme e colori del Medioevo a Bologna, catalogo della mostra, Bologna, Museo Civico Archeologico, 15 aprile-16 luglio 2000, a cura di M. Medica, S. Tumidei, Bologna 2000, p. 186[↩]
- E. Zappasodi, La croce dipinta in Umbria al tempo di Giunta e di Giotto, tra eleganze dolorose e coinvolgimento emotivo, in Francesco e la croce dipinta, catalogo della mostra di Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria, 30 ottobre 2016-29 gennaio 2017, a cura di M. Pierini, Milano 2016, p. 69[↩]
- Pinacoteca Nazionale di Bologna, inv.10038; una croce dalla cappella Muzzarelli e l’altra dalla biblioteca del convento di san Francesco[↩]
- Oltre l’Appennino, in Da Giotto a Gentile. Pittura e scultura a Fabriano fra Due e Trecento, catalogo della mostra di Fabriano, Pinacoteca Civica, 26 luglio-30 novembre 2014, a cura di V. Sgarbi, Firenze 2014, pp. 94-96[↩]
Daria Borisova