Bernardo Strozzi, attr. (Genova, 1581 – Venezia, 1644)
,Giuditta con la testa di Oloferne

Bernardo Strozzi, attr. (Genova, 1581 – Venezia, 1644),
Giuditta con la testa di Oloferne

Bernardo Strozzi (?), Giuditta con la testa di Oloferne
olio su tela, cm. 68×90 (cornice di cm. 15), acquistato nel 1885, N. inv. 11

In quest’opera Giuditta è ritratta in primo piano mentre avanza con la testa di Oloferne sul piatto ed un coltello nella mano sinistra, mentre due uomini  in secondo piano osservano di scorcio la scena.

La paternità di questo quadro è stata molto discussa: fino al 1922 fu esposta come opera del Tiepolo, poi furono proposti svariati nomi. Ad oggi si è concordi con l’attribuzione fatta da Ennio Golfieri a Bernardo Strozzi, autore di una serie di Giuditte, Salomè e Dalile che tengono in mano o su un vassoio teste decapitate.

Bernardo Strozzi nacque a Genova nel 1581, a diciassette anni entrò nell’Ordine dei Cappuccini, dove continuò a dipingere. L’apprezzamento suscitato dalle sue opere gli fece ottenere la licenza per lasciare l’Ordine anche se ciò creò diversi contrasti. Lavorò moltissimo per i Doria, nobile famiglia genovese, tale situazione gli permise di ampliare le sue conoscenze artistiche, consolidare la sua fama di pittore e partecipare a imprese prestigiose. L’artista realizzò moltissime opere, ma con poca varietà di soggetti replicati da lui stesso o dai suoi allievi. Erano a volte gli stessi committenti a richiedere soggetti tipici o di moda. La conoscenza di nuove culture figurative, come il contatto con la colonia genovese di fiamminghi ed il caravaggismo nordico romano, arricchì il suo repertorio di soggetti con l’aggiunta anche di temi popolareschi.

All’interno del testo Studi di Iconologia lo storico dell’arte Erwin Panofsky si cimentò in uno studio inconologico ed iconografico di questo quadro, che ci aiuta a chiarirne il soggetto.
Lo studioso fa notare che l’opera venne pubblicata prima come un ritratto di Salomé con il capo di Giovanni Battista. Salomé, citata nel Vangelo di Marco e in quello di Matteo, fu una principessa giudaica, figlia di Erode Filippo I ed Erodiade, è nota per aver partecipato al martirio di Giovanni Battista: “…La figlia di Erodìade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode che egli le promise con giuramento di darle tutto quello che avesse domandato. Ed essa, istigata dalla madre, disse: “Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista…” (Matte 14, 1-12).
Come emerge dalle testimonianze dei Vangeli quindi, la richiesta di Salomè è molto esplicita e parla chiaramente di un vassoio, forse per il ribrezzo di toccare con le mani il capo reciso del Battista. Per questo il piatto divenne l’attributo  iconografico distintivo di Salomè nella maggior parte delle sue rappresentazioni. Panofsky quindi rimarca che la presenza della spada nel quadro sembra non coincidere nè con la storia raccontata dalle fonti, nè con la tradizionale iconografia.
La spada appartiene infatti ad un’altra eroina dei biblica: Giuditta.
La storia di Giuditta è narra all’interno della Bibbia e racconta che la fanciulla approfittando dell’ubriachezza del generale Oloferne che stava assediando la sua città, utilizzò la sua stessa spada per tagliargli la testa. È chiaro quindi che il suo attributo sia la spada.
Panofsky procede con la sua analisi attestando che, sebbene la storia dell’arte sia ricca si Giuditte con spada e vassoio, non vale la stessa cosa per Salomè, di cui non si hanno attestazioni insieme ad una spada: in Germania e in Italia settentrionale possiamo infatti contare numerosi esempi che dipingono un tipo  di Giuditta con piatto.
In base a ciò lo studioso può sanamente concludere che anche questo quadro (da lui attribuito al pittore veneziano Francesco Maffei) rappresenti Giuditta e non Salomè.
Ma perchè gli artisti si sentivano in diritto di trasferire il motivo del piatto da Salomè a Giuditta e non la spada da Giuditta a Salomè?
Due le motivazioni a supporto della tesi di Panofsky.
In primo luogo la spada era attributo fissato e onorifico di Giuditta, martiri e di Virtù come la Giustizia e la Fortezza, pertanto non la si poteva associare ad una fanciulla come Salomè.
In secondo luogo il piatto con la testa di San Giovanni Battista tra il XIV e il XV sec. era divenuto un Andachtsbild (immagine devota) molto popolare. Ciò contribuì a fissare l’immagine di un vassoio o di un piatto assieme a quella di una testa mozzata.
Per queste ragioni l’indagine di Panofsky arriva alla conclusione che l’oggetto vassoio abbia facilmente sostituito il sacco che utilizza Giuditta nella storia ufficiale per raccogliere la testa della sua vittima. 

 

♦ Biografia dell’artista
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