Sala del Magistrato

SALA DEL MAGISTRATO

 

[su_spoiler title=”Presentazione” style=”fancy” icon=”plus”]Dopo aver percorso il grande Salone delle pale d’altare si giunge al più piccolo ambiente che prende il nome dal Ritratto di Magistrato, uno dei più affascinanti dipinti della Pinacoteca.
L’identificazione dell’autore ha stimolato un intenso dibattito che ha oscillato fra i nomi di Sebastiano Bombelli (Udine, 1635 – Venezia, 1719), Antonio Carneo (Concordia Sagittaria, 1637 – Portogruaro, 1692) e autori stranieri. Probabilmente l’autore non è italiano: gli studi recenti concordano nell’assegnare il dipinto, sebbene con molta cautela, a Jakob Ferdinand Voet (Anversa, 1639  – Parigi, 1689).

Accanto al Magistrato è esposto, dopo molti anni passati nei depositi della Pinacoteca, un bel ritratto attribuito da Achille Calzi a Sebastiano Del Piombo (Venezia, 1485 – Roma, 1547), mentre da Bernard Berenson a Agnolo Bronzino (Firenze, 1503 – 1572) raffigurante l’agronomo pisano Luca Martini, che regge tra le mani un canestro di frutta.

Altrettanto ricca la discussione critica sulla Giuditta con la testa di Oloferne, sia dal punto di vista iconografico che dal punto di vista attributivo. Si tratta di un dipinto di evidente ambito veneto: acquistato nel 1884 come opera di Giovan Battista Tiepolo (Venezia, 1696 – Madrid, 1770), viene poi assegnato a Francesco Maffei (Vicenza, 1605 ca. – Padova, 1660 c.), Giulio Carpioni (Venezia, 1613 – Vicenza, 1678), Johann Lyss (Oldenburg in Holstein, 1595 – Venezia, 1630). Qui si propone l’attribuzione, sebbene dubitativa, a Bernardo Strozzi (Genova, 1581 – Venezia, 1644).

L’artista senese Rutilio Manetti (Siena, 1571 – 1639) è l’autore della Sacra famiglia, in cui compare un Gesù addormentato, colto in un’istantanea naturalezza sulle ginocchia della madre, in una scena intrisa di un caravaggismo raffinato, filtrato dalla lezione di Valentin De Boulogne,  .
Ad una parallela corrente di pittura postcaravaggesca appartiene il Mendico cieco (Belisario?). Giunto con il lascito di Giacomo Pozzi nel 1936, l’opera è giustamente ricondotta a Giovanni Battista Langetti (Genova, 1635 – Venezia, 1676), pittore influenzato dall’arte di Jusepe de Ribera detto Lo Spagnoletto (Xàtiva, 1591 – Napoli, 1652) e caposcuola dei Tenebrosi, pittori che mettevano in scena eroi, profeti, mendicanti illuminati da squarci di luce entro ambienti tetri e bui.

Autore del San Girolamo è il pittore Alessandro Albini (Bologna, 1568 – 1646), bolognese, allievo di Ludovico Carracci prima e di Guido Reni poi, di cui restano pochissime opere a fronte di una lunga attività che lo vede partire da un’educazione ancora manieristica e orientarsi in seguito in senso carraccesco.

La sala ospita inoltre due tele di Benedetto Marini (Urbino, 1590 – ?), pittore urbinate, definito: “il Bellini urbinate con imitazione baroccesca”, e che nel 1612 si trasferisce a Faenza, divenendo collaboratore di Ferraù Fenzoni.

A un prototipo originale di Guido Reni (Bologna, 1575 – 1642) rimandano il Cristo risorto e la Madonna, copie di particolari ripresi dal Cristo al Limbo appare alla madre, eseguito per il Duomo di Modena, venduto a Dresda nel 1754, dove è andato distrutto nel 1945.
Ad un modello reniano si ispira anche il San Giuseppe col Bambino, attribuito all’ambito della bottega di Reni.

Il Ritratto di fanciulla entrò in Pinacoteca, depositato dalla Congregazione di Carità nel 1878, con l’altisonante attribuzione ad Antoon Van Dyck (Anversa, 1599 – Londra, 1641). Mediante l’aggiunta della palma del martirio il soggetto venne trasformato in Santa Cecilia, e Roberto Longhi lo assegnò a Giovanni Bernardo Carbone (Genova, 1614 – 1683), ritrattista genovese in grado di seguire lo stile di Van Dyck fino ad esserne confuso.

Notevoli, in questa parete di ritratti aulici, il Ritratto di Carlo X Re di Svezia di Justus Sustermans (Anversa, 1597 – Firenze, 1681), ritrattista ufficiale dei Medici a Firenze e il Ritratto di Carlo I Re d’ Inghilterra, effigiato quando ancora era principe da Frans Pourbus il Giovane (Anversa, 1569 – Parigi, 1622), che di Sustermans era stato maestro a Parigi.

All’area bolognese appartengono una serie di importanti opere.
Due tele raffiguranti Sibilla  e Sofonisba, in passato attribuite a Lorenzo Pasinelli (1629–1700) e recentemente riconosciute a Giovanni Gioseffo Dal Sole (Bologna, 1654 – 1719) e Giovanni Antonio Burrini (Bologna, 1656 – 1727).
Il recente riallestimento vede inoltre l’aggiunta di una Maddalena assegnata alla bottega di Giovan Francesco Barbieri detto il Guercino (Cento, 1591 – Bologna, 1666), nonchè di una Madonna col Bambino e un San Giuseppe col Bambino, attribuiti a Elisabetta Sirani (Bologna, 1638 – 1665).

A un Anonimo bolognese (sec. XVII) viene ascritta la Cleopatra porta l’aspide al petto, che riprende un soggetto fortunato dell’iconografia storico-artistica moderna. Attribuite a Guido Cagnacci (Santarcangelo di Romagna, 1601 – Vienna, 1663) sono le due tele che raffigurano San Francesco e un Santo Martire (San Bartolomeo?).
Da un originale di Simon Vouet (Parigi, 1590 – 1649), conservato nella Galleria Pallavicini a Roma, deriva la tela raffigurante una Coppia di amanti, pervenuta in Pinacoteca con il lascito di Giacomo Pozzi nel 1936.[/su_spoiler]

[su_spoiler title=”Approfondimento: La pittura bolognese del ‘600 a Faenza” style=”fancy” icon=”plus”]

La pittura a Faenza agli inizi del Seicento vede come protagonista Ferraù Fenzoni, autore di numerose pale per edifici religiosi e di opere di ridotto formato per la committenza privata, e la bottega dei Bertucci, con a capo Giovanni Battista il Giovane. Accanto a queste personalità che incarnano lo spirito controriformato imperante in città a seguito della diffusione dei dogmi pittorici propagandati dal cardinale bolognese Gabriele Paleotti, a Faenza sono presenti anche testimonianze artistiche di altre scuole, trainate dalla scia classicista proveniente da Bologna.

Guido Reni figura, o meglio figurava in città, con una sola opera, la Madonna con il Bambino e i Santi Francesco e Cristina. Commissionata nel 1613 dal bolognese Vincenzo Serpi e poi donata alla chiesa dei Cappuccini di Faenza, venne purtroppo danneggiata nel corso dell’ultima guerra, e oggi si conserva solo il frammento con il San Francesco.
La datazione dell’opera è certa grazie ad uno studio pubblicato da Donatella Biagi Maino nel 1986. L’opera è stata replicata già nel Seicento: recente è la riscoperta di un dipinto di medesimo soggetto realizzato da Elisabetta Sirani per la chiesa di San Francesco a Pistoia, oltre a essere note repliche di pittori e incisori faentini. Nel gennaio del 2015 un dipinto dello stesso soggetto, attribuito a Reni e probabilmente un bozzetto preparatorio, è apparso in asta da Sotheby’s a New York.

La tendenza classicista emiliana si intravede a Faenza anche in Cattedrale. Nella cappella del Beato Novellone infatti si conserva il dipinto con La Madonna, il Bambino e i Santi Lorenzo, Filippo e Giuseppe già attribuita a Francesco Gessi ma ricondotta alla mano di Gianandrea Sirani da Angelo Mazza. Particolarmente importante risulta quest’aggiunta perché non sono molto numerose le opere d’altare del Sirani, che fu impegnato soprattutto in dipinti da cavalletto e assolse richieste da palazzo, dimostrando tuttavia la capacità di orchestrare immagini armoniose, dotate di vasto respiro e di colta composizione.

Sempre a Faenza e provenienti dalla chiesa dei Cappuccini le due tele con la Madonna con il Bambino e il San Giuseppe con il Bambino, ricondotte brillantemente a Elisabetta Sirani (che peraltro apporta la propria firma e data nella manica della veste della Vergine). Le due immagini devozionali, che potevano trovarsi in gran quantità nelle case private bolognesi, per una consuetudine dovuta all’interesse controriformistico per la diffusione capillare della raffigurazione sacra, fanno da contraltare ad un altro grande artista bolognese, operante a Faenza, come Alessandro Tiarini.

Le sue opere sono caratterizzate da costruzioni fortemente chiaroscurali, con marcati influssi derivate da Ludovico Carracci. Al periodo reggiano dell’artista vanno probabilmente fatte risalire le tre opere realizzate per i conventi femminili faentini: la Madonna col Bambino e i Santi Martino, Chiara, Francesco e Antonio da Padova (e nella cimasa il Padre Eterno con angeli e cherubini), eseguita per l’altar maggiore della chiesa distrutta del convento di Santa Chiara e conservata in Pinacoteca Comunale; nello stesso luogo è depositata la Conversione di San Paolo, realizzata per la distrutta chiesa di San Paolo, che riprende nella struttura generale la Caduta di San Paolo di Ludovico Carracci ; la pala dipinta per la chiesa di San Maglorio e oggi nel convento di Celle, raffigurante la Madonna col Bambino e i Santi Carlo Borromeo, Barbara e due Santi vescovi.

L’istituzione museale faentino conserva l’opera di Benedetto Gennari, artista emiliano che interessa per il cambiamento stilistico intercorso tra la formazione bolognese e i trasferimenti prima a Parigi e poi a Londra, dove soggiornò presso la corte reale inglese tra il 1672 e il 1688. Secondo Luigi Lanzi, il Gennari ritornò in Italia “trasformato quasi in un pittor olandese, o fiammingo”. La Vergine Immacolata, e la lunetta con il Padre Eterno benedicente, proveniente dalla cappella del Santissimo Sacramento della chiesa di San Girolamo dell’Osservanza, prima di essere assegnata al pittore centese, di cui si può apprezzare il classicismo moderato, e l’”eleganza leggiadra e un’ariosità di materia”, era attribuita a un pittore oltremontano.  

Il recente allestimento della Pinacoteca vede inoltre esposti un affascinante San Girolamo di Alessandro Albini, allievo di Ludovico Carracci attivo nei primi decenni del Seicento, e alcune opere ormai ritenute copia da Guido Reni, provenienti dall’Istituto Mazzolani di Faenza, raffiguranti la Madonna e il Cristo risorto, ripresi dalla pala con il Cristo al Limbo che appare alla Madonna già nel Duomo di Modena, poi trasferita a Dresda, e distrutta nel corso dei bombardamenti alla città durante la Seconda Guerra Mondiale.

A differenza di quanto avviene per gli edifici religiosi, che si avvalgono oltre che di pittori bolognesi, di romagnoli, toscani o urbinati, si registra un interesse crescente da parte del collezionismo privato di opere di artisti emiliani.

Relativamente recente è ad esempio la scoperta di un dipinto del Guercino a Brisighella nella chiesa di San Michele Arcangelo. Nel 1618 Francesco e Luigi Naldi incaricano il pittore centese di realizzare una pala in memoria del loro padre Ludovico Naldi, scomparso nel 1595, con San Francesco d’Assisi e San Luigi in adorazione. Lo stile della pala riflette il passaggio da Bologna a Roma del Guercino, dove lo attendono i prestigiosi incarichi per il cardinale Ludovisi. La morbidezza delle carni e la luce calda e realistica dell’insieme alludono a una competenza che era estranea alla pittura romana, e che si fondava solo sugli insegnamenti della scuola emiliana e veneta, escludendo dunque quel crudo verismo che fa capo a Caravaggio.

Allo stesso autore è attribuita un’opera conservata in Pinacoteca Comunale, rappresentante la Maddalena, che richiama, sebbene non sia di eccellente qualità stilistica, la figura presente nella Resurrezione di Lazzaro del Louvre. Il formato della tela fa presupporre la sua provenienza da una collezione privata, ma le ricerche in merito non hanno ancora stabilito di quale si tratti.

Il museo faentino presenta inoltre due opere che studi recenti fanno risalire alla storica e importante quadreria dei Mazzolani: è emerso infatti il documento di acquisto di alcune opere d’arte vendute dal mercante bolognese Lorenzo Antonio Fantini alla famiglia Mazzolani nel 1697, tra cui figurano l’Artemisia di Giovan Gioseffo Dal Sole e la Sibilla di Giovanni Antonio Burrini.

La famiglia Spada, il cui mecenatismo artistico tra Faenza e Brisighella è noto dagli studi, commissiona nel 1632 la grande pala d’altare con il Martirio di San Pietro da Verona a Domenichino per la chiesa di Santa Francesca Romana di Brisighella, oggi conservato nella Pinacoteca Nazionale di Bologna.

Infine, vanno ricordate le ricerche recenti, approdate nel volume Collezionismo d’arte in Romagna in età moderna, in cui è emerso negli inventari della quadreria della famiglia Ferniani un nutrito gruppo di opere assegnate ad artisti emiliani, quali Francesco Albani, Francesco Gessi, Lorenzo Pasinelli, Domenico Maria Viani, Lionello Spada, e alle scuole dei Carracci e del Cignani. I nomi citati non sono probabilmente riconducibili ad attribuzioni certe o opere specifiche. Interessante però è l’intervento di Antonio Montanari che, nel 1882, pubblica la sua Guida storica di Faenza, all’interno della quale descrive la collezione Ferniani coi quadri a suo parere più celebri. Appartenenti alla scuola bolognese ricorda un San Francesco d’Assisi e un Crocifisso di Guido Reni; una Diana Cacciatrice e I primi quattro Dottori della Chiesa del Guercino; una Fuga in Egitto di Marcantonio Franceschini; una Venere e Endimione, un Bacco ed Arianna e una Madonna con Bambino di Carlo Cignani.
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OPERE

 

[su_highlight background=”#Db461e” color=”#fff”]  10  [/su_highlight] Guido Reni, scuola di (sec. XVII), San Giuseppe col Bambino
olio su tela, sec. XVII, cm. 61×51 (cornice di cm. 13), acquistato da San Nediani di Faenza nel 1878, N. inv. 10
[su_highlight background=”#Db461e” color=”#fff”]  6  [/su_highlight] Guido Reni (copia da), Cristo risorto
olio su tela, cm. 74×60 (cornice di cm. 13), dall’Istituto Mazzolani di Faenza, 1878, N. inv. 6
[su_highlight background=”#Db461e” color=”#fff”]  13  [/su_highlight] Giovanni Bernardo Carbone, attr. (Genova, 1614 – 1683), Ritratto di fanciulla

olio su tela, metà sec. XVII, cm. 179×116 (cornice di cm. 8), dalla Congregazione di Carità di Faenza, 1878, N. inv. 13
[su_highlight background=”#Db461e” color=”#fff”]  11  [/su_highlight] Bernardo Strozzi, attr. (Genova, 1581 – Venezia, 1644), Giuditta con la testa di Oloferne

olio su tela, cm. 68×90 (cornice di cm. 15), acquistato nel 1885, N. inv. 11
[su_highlight background=”#Db461e” color=”#fff”]  15  [/su_highlight] Jakob Ferdinand Voet, attr. (Anversa, 1639 – Parigi, 1689), Ritratto di Magistrato

olio su tela, cm. 76×60 (cornice di cm. 17), N. inv. 15
[su_highlight background=”#Db461e” color=”#fff”]  163  [/su_highlight]
Agnolo Bronzino (Firenze, 1503 – 1572),
Ritratto di Luca Martini
olio su tavola, 1554 – 1556 ca., cm. 77 x 82, dall’Istituto Mazzolani di Faenza, 1902, N. inv. 163

[su_highlight background=”#Db461e” color=”#fff”]  17  [/su_highlight] Justus Sustermans (Anversa, 1597 – Firenze, 1681), Ritratto di Carlo X Re di Svezia

olio su tela, 1654 – 1660 ca., cm. 148×114 (cornice di cm. 13), acquistato da Leonida Caldesi nel 1884, N. inv. 17
[su_highlight background=”#Db461e” color=”#fff”]  18  [/su_highlight] Simon Vouet (copia da), Coppia di amanti

olio su tela, sec. XVII, cm. 82×100 (cornice di cm. 8), N. inv. 18
[su_highlight background=”#Db461e” color=”#fff”]  16  [/su_highlight] Frans Pourbus il Giovane, attr. (Anversa, 1569 – Parigi, 1622), Ritratto di Carlo I Re d’Inghilterra

olio su tela, 1615 ca., cm. 54×45 (cornice di cm. 8), N. inv. 16
[su_highlight background=”#Db461e” color=”#fff”]  20  [/su_highlight] Alessandro Albini (Bologna, 1568 – 1646), San Girolamo

olio su tela, prima metà sec. XVII, cm. 50×77 (cornice di cm. 9), restauro a cura del Lioness Club di Faenza, anno 1999, N. inv. 20
[su_highlight background=”#Db461e” color=”#fff”] 995 [/su_highlight]
Benedetto Marini (Urbino, 1590 – ?)
, Madonna col Bambino, San Michele arcangelo e un Santo Vescovo
olio su tela,  1615 ca., cm. 270×200, dalla chiesa del Convento di San Maglorio di Faenza (?), N. inv. 995
[su_highlight background=”#Db461e” color=”#fff”] 156 [/su_highlight]
Benedetto Marini (Urbino, 1590 – ?)
, Ritorno dalla fuga in Egitto con i Santi Caterina d’Alessandria e Francesco
olio su tela, 1617, cm. 240×170 (cornice di cm. 2), dalla chiesa del Convento di San Maglorio di Faenza, N. inv. 156
[su_highlight background=”#Db461e” color=”#fff”]   4   [/su_highlight] Anonimo bolognese (sec. XVII), Cleopatra porta l’aspide al petto

olio su tela, sec. XVII, cm. 86,5 x 62,5, N. inv. 4
[su_highlight background=”#Db461e” color=”#fff”]  14  [/su_highlight] Guido Cagnacci, attr. (Santarcangelo di Romagna, 1601 – Vienna, 1663), San Francesco

olio su tela, cm. 57×47 (cornice di cm. 10),  lascito Michele Bosi, 1931, N. inv. 14
[su_highlight background=”#Db461e” color=”#fff”] 1372 [/su_highlight] Guido Cagnacci, attr. (Santarcangelo di Romagna, 1601 – Vienna, 1663), Santo Martire (San Bartolomeo ?)

olio su tela, cm. 57×48 (cornice di cm. 10), lascito Michele Bosi, 1931, N. inv. 1372
[su_highlight background=”#Db461e” color=”#fff”]   8   [/su_highlight] Rutilio Manetti (Siena, 1571 – 1639), Sacra Famiglia

olio su tela, terzo decennio sec. XVII, cm. 96×123 (cornice di cm. 11), lascito Giacomo Pozzi, 1936, N. inv. 8
[su_highlight background=”#Db461e” color=”#fff”]   30   [/su_highlight] Giovanni Gioseffo Dal Sole (Bologna, 1654 – 1719), Artemisia che beve le ceneri del marito

olio su tela, 1697 ca., cm. 62×46 (cornice di cm. 23), dalla Congregazione di Carità di Faenza, 1879, N. inv. 30
[su_highlight background=”#Db461e” color=”#fff”]   2   [/su_highlight] Giovanni Antonio Burrini (Bologna, 1656 – 1727), Sibilla

olio su tela, 1697 ca., cm. 62×46 (cornice di cm. 23), dalla Congregazione di Carità di Faenza, 1879, N. inv. 2
[su_highlight background=”#Db461e” color=”#fff”]   161   [/su_highlight]
Giovan Francesco Barbieri detto il Guercino (Cento, 1591 – Bologna, 1666), Maddalena
olio su tela, 1619 ca., cm. 59×51 (cornice di cm. 11), N. inv. 161
[su_highlight background=”#Db461e” color=”#fff”]   149   [/su_highlight]
Elisabetta Sirani (Bologna, 1638 – 1665), Madonna col Bambino
olio su tela, 1664, cm. 78×65, dal convento dei Cappuccini di Faenza (?), N. inv. 149
[su_highlight background=”#Db461e” color=”#fff”]   150   [/su_highlight]
Elisabetta Sirani (Bologna, 1638 – 1665), San Giuseppe col Bambino
olio su tela, 1664 ca., cm. 78×69, dal convento dei Cappuccini di Faenza (?), N. inv. 150
[su_highlight background=”#Db461e” color=”#fff”]   9   [/su_highlight] Giovanni Battista Langetti (Genova, 1635 – Venezia, 1676), Mendico cieco (Belisario ?)

olio su tela, 1660 – 1675 ca., cm. 97×80 (cornice di cm. 12), lascito Giacomo Pozzi, 1936, N. inv. 9
[su_highlight background=”#Db461e” color=”#fff”]   5   [/su_highlight] Guido Reni (copia da), Madonna
olio su tela, cm. 74×60 (cornice di cm. 13), dall’Istituto Mazzolani di Faenza, 1879, N. inv. 5


GALLERIA

 

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