Marco Palmezzano (Forlì, 1459 – 1539),
Sant’Agostino

Il dipinto presente in Pinacoteca già nel 1865, fu visto nel 1777, insieme alle altre tre tavole raffiguranti Tobiolo e l’Arcangelo Raffaele, San Girolamo e un Sant’Ambrogio (?), nella sacrestia della chiesa faentina di Sant’Agostino da Marcello Oretti, che le attribuisce al Palmezzano.
L’attribuzione trova concorde tutta la letteratura successiva, ma la provenienza è stata oggetto di controversie.
Le due tavole raffiguranti Sant’Agostino e Tobiolo e l’Arcangelo Raffaele, sono sicuramente due frammenti di uno stesso polittico, che non può essere identificato né con quello dipinto nel 1537 per Lucia Calzolari di Cesena e né con quello eseguito nel 1505 per la chiesa di San Girolamo dell’Osservanza di Faenza, come sostiene il Grigioni. La testimonianza dell’Oretti e la presenza di Sant’Agostino risolverebbero il caso a favore della chiesa di Sant’Agostino come sede d’origine.
Il santo, inserito in una sontuosa architettura con colonne e pilastri ornati da grottesche su fondo oro, è raffigurato in piedi con in capo la mitria bianca con gemme preziose montate in oro, il piviale rosso con decorazioni in oro e veste scura. E’ intento a leggere un libro che tiene in mano, mentre con l’altra regge il pastorale. La pennellata, le scelte cromatiche e l’uso di una luce calda, sono elementi ripresi dalla pittura veneta, in particolare da quella di Giovanni Bellini e denunciano una fase assestata nel percorso di Marco Palmezzano.