Anonimo scultore romanico (sec. XI-XII),
Croce da sagrato


L’opera, già ritenuta nel 1909 da Achille Calzi “come una delle più rare cose faentine di verso il Mille”, è riprodotta nella mappa di Faenza di Virgilio Rondinini del 1630. Qui, nel contesto di Borgo Durbecco, è raffigurata la Chiesa di Sant’Antonino, demolita nel XIX sec., con il suo sagrato. Posta all’angolo del sagrato stesso, in un punto ben visibile anche dalla Via Emilia, si nota una croce su colonna. Di tale croce, citata in un documento pubblicato da Antonio Medri, si vedeva “verso la chiesa una figura di agnello e verso la città la figura di una mano che benedice”.
Dell’agnello scolpito su un lato della pietra calcarea, Patrizia Capitanio ha scritto che il suo corpo: “dal punto di vista stilistico, non ha un aspetto naturalistico ma è scolpito in modo molto stilizzato; dalla sagoma dell’animale non emergono quei tratti e quell’atteggiamento docili riconducibili ad un agnello”. Il suo capo è girato all’indietro e ciò sta a simboleggiare lo sguardo rivolto a coloro che lo seguiranno, in riferimento al gregge di anime che seguirà Cristo. E’ possibile leggere nell’epigrafe sovrastante l’animale la frase agnes mactatur / christus de cruce levatur, riconducibile ad una sequenza pasquale con forme poetico-liturgiche molto diffuse in epoca carolingia.
Sull’altro lato della croce è scolpita una mano divina con le prime tre dita stese, iconografia che riconduce alla Trinità e all’elargizione di una benedizione di tipo latino. Sul lato della mano benedicente compare la scritta dextera domini fecit virtutem, frase ripresa dal Salmo 117 versetto 16.
Per la datazione dell’opera Patrizia Capitanio propende opportunamente a riconoscere l’analogia con i motivi longobardi da un punto di vista formale. In particolare il motivo decorativo sotto l’agnello rimanda a motivi barbarici, nell’ambito di un gusto conservatore e tradizionale. La croce viene fatta pertanto risalire ai primi due secoli dell’anno Mille, ovvero al periodo di datazione della Chiesa di Sant’Antonino da cui la croce proviene.