UNA GENERAZIONE STRONCATA
Barbieri, Malmerendi e Nonni: tre artisti romagnoli nella Prima Guerra Mondiale.
20 ottobre 2017 – 1 aprile 2018
La mostra in Pinacoteca racconta, con 80 opere di Gino Barbieri, Francesco Nonni e Giovanni Malmerendi, il dramma della guerra.
Varie generazioni di artisti romagnoli hanno partecipato alla Prima Guerra Mondiale. Partiti in molti casi volontari, furono profondamente segnati dagli anni di Guerra.
Il faentino Pietro Melandri in una lettera scritta a Francesco Nonni il 22 maggio 1915 invitò l’amico ad avere coraggio ed espresse la speranza “di infilzare tanti tedeschi“. Per lui la guerra finì nel campo di prigionia ungherese di Somoria.
Anche per Francesco Nonni l’esperienza di guerra finì in un campo di prigionia. Fatto prigioniero dopo la rotta di Caporetto fu rinchiuso nel campo di Cellelager in Germania. Qui rimase dal novembre 1917 al gennaio 1919.
Si può dunque comprendere come a cinquanta anni da quella esperienza, esattamente il 4 novembre 1967 in occasione del suo ottantesimo compleanno, Francesco Nonni scrisse di far parte di quella generazione che la guerra 15-18 aveva stroncato inesorabilmente.
La mostra in Pinacoteca racconta, con 80 opere di Gino Barbieri, Francesco Nonni e Giovanni Malmerendi, il dramma della guerra. Il racconto è tutto in bianco e nero.
Barbieri, Malmerendi e Nonni: tre artisti romagnoli nella Prima Guerra Mondiale
Particolarmente significativa è la scelta artistica di due di questi artisti. Barbieri e Nonni, che pur utilizzando due tecniche diverse, il disegno e la xilografia, per denunciare la crudeltà e brutalità della Guerra ricorrono entrambi alla forma espressionista.
Nonni realizza disegni col duro segno espressionista sulla sua vita di prigionia a Cellelager. In precedenza si era espresso con il Liberty e successivamente realizza veri e propri capolavori Decò. Barbieri, prima di incidere nel legno, con grande durezza del segno, la sua vita in trincea, si era distinto per l’eleganza classica della sua arte.
Diversa è la vicenda di Giovanni Malmerendi che costruisce a distanza un racconto della guerra in cui sono presenti segni di primitivismo ed elementi figurativi che partono da una matrice futurista per arrivare all’urlo dell’immagine, tipico della grafica espressionista.
Ad accompagnare la mostra anche un commento critico delle opere, inserito nell’app e audioguida della pinacoteca.
Gli artisti esposti
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[su_tab title=”Gino Barbieri” disabled=”no” anchor=”” url=”” target=”self” class=””]Pittore, incisore e illustratore, si forma a Firenze presso l’Accademia di Belle Arti.
Qui l’artista ha l’occasione di entrare in contatto con intellettuali e artisti di spicco della Firenze di inizio Novecento. Tra i quali il suo maestro Adolfo De Carolis, di cui sarà un allievo prediletto.
Fin dai suoi esordi mostra di essere uno xilografo di talento. Nel 1911 debutta su “L’eroica”, prestigiosa rivista di Ettore Cozzani e Franco Oliva. Per questa realizza varie copertine e tavole. L’anno dopo viene premiato con la medaglia d’oro alla prima mostra internazionale di xilografia a Levanto.
L’influenza di De Carolis, artista dal gusto preraffaellita e personalissimo, emerge notevolmente nelle opere di Barbieri di questi anni. L’incisore cesenate infatti imposta il suo percorso artistico xilografico su due vie parallele. Da un lato continua a produrre legni per l’editoria. Sono monocromi di piccole dimensioni molto elaborati, in un alternarsi di opere dal gusto epico-mitologico con altre permeate di pungente sarcasmo. Dall’altro sviluppa la ricerca sulla xilografia policroma, quasi esclusivamente rivolta al ritratto sino a diventarne insuperato maestro.
La sua sincera adesione alla guerra, come volontario, è stata certo di matrice risorgimentale all’inizio. Poi, forse più motivata dal pensiero interventista e nazionalista di D’Annunzio, verso il quale Barbieri ha dimostrato (ritraendolo anche) più d’un semplice segno d’ammirazione.
Nel settembre del 1915 è inviato a Malamocco, successivamente giunge al Lido di Venezia per poi essere assegnato al 77° Reg. Fanteria della Brigata Toscana e raggiunge il fronte dell’Isonzo.
Nelle opere incise dall’arruolamento in poi affronta un percorso nuovo lasciandosi alle spalle il mondo onirico e ironico delle ultime xilografie, l’eleganza e la raffinatezza dei ritratti e la xilografia policroma.
Gino Barbieri muore nel novembre del 1917 al fronte, sull’Altopiano di Asiago.
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[su_tab title=”Giannetto Malmerendi” disabled=”no” anchor=”” url=”” target=”blank” class=””]Giannetto Malmerendi nasce a Faenza nel 1893. Si avvicina al mondo dell’arte molto giovane. Frequenta i corsi della Scuola di Arte e Mestieri “Tommaso Minardi”. Vive nel clima artistico faentino del primo Novecento particolarmente vivace.
Successivamente, durante la sua permanenza a Bologna, Malmerendi ha l’opportunità di conoscere De Carolis. Illustratore ufficiale di D’Annunzio e Pascoli. Artista che riunisce attorno a sé un gruppo di giovani incisori partecipanti all’avventura de “L’Eroica”.
Dal gennaio del 1914, l’artista faentino aderisce al movimento futurista e collabora con Filippo Tommaso Marinetti e Umberto Boccioni.
Nel gennaio del 1915, dopo una mostra personale futurista inaugurata da Marinetti, Malmerendi parte militare, assegnato al Genio Telegrafisti di Firenze.
Nel gennaio del 1916 è trasferito a Verona in zona di guerra. Ha l’incarico di disegnare fortificazioni e trincee. E’ tra i promotori di una mostra d’arte per beneficenza agli invalidi di guerra. Per i suoi incarichi di rilievi topografici e delle opere di fortificazione si reca frequentemente nelle prime linee del fronte di guerra.
Terminata la guerra scrive un testo autobiografico intitolato “Un caporale dell’Arma del Genio e pittore”. Intedenva pubblicarlo nel 1929, illustrandolo con incisioni come una sorta di libro d’artista. Il testo è però rimasto inedito. E’ stato stampato solo nel 2016 dal Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto.
Una riflessione diretta sulla sua esperienza di guerra è pubblicata nel 1934. In occasione di una mostra personale a Cesena. «La guerra – ha ricordato Malmerendi – ci trovò un po’ tutti pieni di tormento e di ricerca. Carichi di responsabilità per la nazione e non fu lieve il diventare umili e ubbidienti soldati dei ranghi per la guerra. Essa ci cambiò. Separò un po’ tutti dall’uno all’altro. Volle a ciascuno ancora in questa terra lasciare un’impronta sua a quelli spirati diede glorie adorabili. Ritornati i vivi, fatti forti di noi stessi e dei nostri sentimenti abbiamo ripreso le nostre arti, ma non più quelle, o meglio l’evoluzione di quelle».
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[su_tab title=”Francesco Nonni” disabled=”no” anchor=”” url=”” target=”blank” class=””]Iniziò prestissimo, presso l’Ebanisteria Casalini, l’apprendistato dell’intaglio del legno che restò fondamentale per tutta la vita.
Allievo della Scuola Comunale di Disegno e Plastica, allora diretta da Antonio Berti, iniziò a produrre raffinate xilografie. Le espose alle Biennali veneziane dell’anteguerra inaugurando, contemporaneamente, una lunga e fortunata carriera di illustratore di libri per l’infanzia.
Fu amico fraterno di Domenico Baccarini e degli altri artisti del gruppo passato alla storia come Cenacolo Baccariniano. Questo sodalizio, se pure di breve durata, agì in profondità nel rinnovamento della vita artistica di Faenza e della Romagna. Nel 1911 Nonni è tra i primi collaboratori de “L’Eroica”. Due anni dopo espone alla mostra della Secessione Romana.
Nel 1915 entrò come insegnante di plastica in quella Scuola di Disegno che aveva frequentato come allievo.
Richiamato alle armi nel 1916 e inviato al fronte, venne fatto prigioniero durante la rotta di Caporetto. Fu inchiuso nel campo di concentramento di Celle fino alla fine del 1918. Al rientro a Faenza riprese l’attività di insegnante ed artista fino alle soglie della scomparsa. Disegnatore, xilografo, plasticatore e pittore, Nonni fu artista poliedrico. Protagonista di una lunga stagione creativa tutta svolta all’insegna di una raffinata ricerca formale.
Resta fondamentale la pubblicazione, dal 1924 al 1926 della rivista Xilografia. Prima mensilmente e poi trimestralmente- Nelle pagine apparvero incisioni originali dei più apprezzati xilografi italiani e stranieri. Ebbe riconoscimenti unanimi in tutta Europa.
La scomparsa avvenne il 14 settembre 1976 nella sua Faenza.
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